L’olio di oliva: il re della cucina Mediterranea
Le origini della coltivazione dell’olivo si confondono con quelle della civiltà del Mediterraneo. I primi uliveti furono coltivati in Siria e Palestina e si diffusero in Italia intorno al 1000 a.C., dove la pianta trovò condizioni ottimali di sviluppo grazie al clima mite, alla presenza di acqua e terreni non molto profondi. Esistono approssimativamente 1.000 specie di olivo in Europa.
L’olio di oliva è l’unico alimento fondamentale che derivi da un frutto ed è da cinquanta secoli che si ottiene dalla spremitura delle olive, separando l’olio dall’acqua di vegetazione. Il frutto dell’olivo (Olea europea) è una drupa, ovvero un frutto carnoso che racchiude dentro la polpa un unico seme in un endocarpo legnoso; l’olio, contenuto prevalentemente nel mesocarpo del frutto, si forma durante la maturazione, quando il colore della drupa vira dal verde al nero violaceo.
La raccolta delle olive è stagionale e, a seconda della produzione dell’anno, può proseguire per mesi, dalla tarda estate fino a inverno inoltrato. Le tecniche di raccolta sono varie e vanno dal distacco a mano attraverso piccoli rastrelli che vengono fatti passare sui rami, all’utilizzo di attrezzi meccanici. Una tecnica diffusa si avvale poi dell’uso di apposite reti sottese sotto le chiome e a metà tronco delle piante; queste formano una distesa continua che permette di raccogliere le olive mature, staccatesi spontaneamente o per scrollamento dagli olivi, e che le isola dal contatto col terreno mantenendole così al riparo dall’umidità e dagli insetti del suolo fino al momento della raccolta. Il grado di maturazione al momento della raccolta varia a seconda della tradizione: in Corsica le olive vengono raccolte a piena maturazione, mentre in Toscana e in Sardegna le olive si raccolgono appena prima. Nel secondo caso, la presenza di alcune olive non ancora mature insieme ad altre con un grado di maturazione maggiore, conferisce all’olio il tipico sapore leggermente pungente.
La qualità di un olio di oliva dipende da molti fattori: la cultivar, lo stato di salute della pianta e dei frutti al momento della raccolta, la tecnologia seguita nella produzione, nella raccolta e nell’estrazione, le condizioni di conservazione dell’olio stesso (luce, temperatura). L’estrazione dell’olio dalle olive si effettua prevalentemente con due sistemi:
- attraverso il metodo classico per pressione;
- attraverso il metodo moderno per centrifugazione.
Le fasi dell’estrazione per pressione prevedono una fase di pulitura per allontanare la terra e le sostanze estranee, seguita dalla molitura o frangitura, attraverso la quale si rompe la struttura cellulare delle olive e si frantuma il nocciolo, con produzione della pasta di olive. La pasta di olive viene mescolata attraverso un processo chiamato “gramolatura”. Successivamente si procede con l’estrazione meccanica, effettuata utilizzando delle presse idrauliche. Il liquido oleoso è raccolto sul fondo, e quello che rimane come residuo della spremitura è definito “sansa”. Infine, l’olio viene centrifugato (con lo scopo di allontanare l’acqua dal mosto) e filtrato, per renderlo limpido. Per quanto riguarda invece l’estrazione per centrifugazione, dopo la gramolatura l’estrazione dell’olio avviene per centrifuga, ripetuta due volte per eliminare le impurità. Una tecnica supplementare consiste nel lavaggio delle olive in acqua a 70°C, in modo da ridurre il sapore amaro dell’olio. Questa pratica ha una valenza commerciale e rende il prodotto più appetibile per le popolazioni che non hanno la tradizione dell’olio di oliva. Il trattamento riduce però il contenuto di fenoli, soprattutto l’oleuropeina, principale responsabile del sapore amaro. L’estrazione a caldo comporta una maggiore resa in olio dalle olive, ma determina un calo della concentrazione di vitamine. Ecco perché è sempre consigliabile acquistare olio spremuto “a freddo”.
L’olio di oliva è commestibile se non contiene più del 3,3% in peso di acidità (espressa come contenuto in acido oleico libero) e non rivela all’esame organolettico odori disgustosi come di rancido, di putrido, di fumo, di muffa, di verme (che non riesco a immaginare come possa essere!) e simili. Si definisce olio di oliva lampante (cosiddetto perché un tempo veniva utilizzato per alimentare le lampade a olio), non commestibile, l’olio ottenuto meccanicamente dalle olive che non abbia subito manipolazioni chimiche, ma che presenti più del 3,3% in peso di acidità o che, all’esame organolettico, riveli odori sgradevoli.
Come riconoscere un buon olio di oliva
Per essere buono, un olio extravergine deve essere ottenuto con procedimenti meccanici e soprattutto “a freddo” (27°C circa). Il tipo di procedimento utilizzato può far nascere tuttavia qualche diversità tra un olio e un altro. I sistemi per ottenere l’olio dalle olive sono due: estrazione e spremitura. La differenza è sottile: entrambi i tipi di olio che si ottengono sono di ottima qualità e prodotti nel rispetto dei criteri di igiene. Sostanzialmente però, il primo tipo corrisponde a un procedimento di estrazione più moderno, mentre il secondo è il metodo tradizionale utilizzato per secoli nei frantoi di tutta Italia.
I macchinari utilizzati per l’estrazione rendono possibile ai produttori l’impiego di una certa quantità di acqua calda per ottenere una maggiore resa: acquistando olio ottenuto per estrazione quindi, non si ha la garanzia assoluta che il procedimento sia stato eseguito a completa norma di legge. Con la spremitura ci sono maggiori garanzie, e si ottiene un prodotto più denso e più ricco di polifenoli.
Colore e gusto sono importanti in un olio. Il colore verde carico indica la presenza di clorofilla. Il sapore amarognolo segnala la presenza di polifenoli, quello piccante dell’oleocantale, una sostanza naturale dall’azione antinfiammatoria. Se invece l’olio è dolce, probabilmente le olive sono state lasciate riposare troppo prima della lavorazione o raccolte tardi, perdendo in questo modo buona parte dei loro polifenoli.