Introduzione alle reazioni avverse agli alimenti

Allergie e intolleranze: reazioni avverse agli alimenti

 

Allergie ed intolleranze alimentari, meglio definite come reazioni avverse agli alimenti, sono in aumento in Italia e nel mondo occidentale così come lo sono le allergie in generale. Studi europei stimano una percentuale di prevalenza intorno al 7,5% nei bambini e 2% nell’adulto.

Nonostante il continuo aumento di queste patologie, c’è ancora parecchia incertezza sui meccanismi che ne stanno alla base, così come molte incertezze nella diagnosi che viene spesso affidata a metodologie non idonee.

Si aggiunga a questo la crescente credenza popolare, del tutto infondata, che le allergie alimentari siano responsabili di molti fenomeni di soprappeso. Le allergie alimentari non hanno generalmente nessuna influenza sul peso corporeo, ma se un effetto dobbiamo per forza trovarlo, sarà nel senso di una diminuzione di peso per mancato assorbimento di nutrienti e non certo di un aumento. Tali credenze sono purtroppo supportate da operatori sanitari disonesti e senza scrupoli che, facendosi forza sulla credulità dei pazienti e affidandosi a fantasiose e coreografiche metodologie diagnostiche propugnano diete inutili e spesso dannose.

 

Classificazione delle reazioni avverse agli alimenti

Le reazioni avverse agli alimenti vengono classificate in:

  • tossiche
  • non tossiche

Le prime possono più precisamente essere chiamate reazioni da avvelenamento e sono causate dalla presenza di “tossine” negli alimenti; esempi sono la reazione tossica e a volte mortale dovuta all’ingestione di funghi non commestibili, la reazione alla solanina delle patate, il botulismo ecc. Questo tipo di reazione può verificarsi in qualsiasi individuo a condizione che abbia ingerito una dose di tossina tale da scatenare la sintomatologia.

Le non tossiche invece sono quelle che tratteremo in queste pagine e che comunemente vengono chiamate allergie alimentari. Tali reazioni sono da ascriversi soltanto alla suscettibilità individuale e sono suddivise in allergie vere e proprie e intolleranze.

Le allergie sono reazioni avverse agli alimenti su base immunologica. Le reazioni immunologiche di un organismo sono classificate in medicina in diversi tipi (tipo I, II, III e IV). Le allergie tipo I (IgE mediate) sono quelle più chiaramente e precisamente individuate e caratterizzate. Le malattie dipendenti da questo tipo di reazioni sono ben definite e distinte in reazioni generalizzate o anafilassi, e reazioni di organo.

Le reazioni non IgE mediate sono reazioni anticorpo-mediate, che coinvolgono classi di immunoglobuline diverse dalle IgE (tipo III), nella fattispecie IgG, e soprattutto reazioni cellulo-mediate (tipo IV). Molte malattie gastrointestinali bene definite clinicamente e di pertinenza dell’infanzia appartengono a questo gruppo di malattie (e.g. la celiachia).

Le intolleranze sono reazioni avverse agli alimenti riconducibili ad un meccanismo non immunologico. Possono essere:

 

  • di tipo enzimatico (per es. intolleranza al latte, favismo),
  • di tipo farmacologico (per es. le reazioni alle amine vasoattive o agli additivi contenuti in alcuni alimenti).

 

3 Diagnosi delle reazioni avverse agli alimenti

La diagnosi di reazioni avverse agli alimenti alimentare è in generale complessa e deve essere affidata a specialisti competenti nello specifico campo; infatti non esiste come illustrato sopra un unico meccanismo responsabile ed il numero degli allergeni alimentari esistenti è elevato, molti dei quali non dispongono di modalità diagnostiche validate per i tests diagnostici.
É assolutamente necessario seguire un iter molto rigoroso.

  1. Anamnesi: cioè la raccolta e l’interpretazione da parte del medico dei dati emersi dal colloquio con il paziente; costituisce la premessa essenziale per la diagnosi di allergia. Dall’anamnesi infatti il paziente può fornire dati e dettagli fondamentali, soprattutto se la sintomatologia sospetta si verifica dopo soli pochi minuti dall’ assunzione dell’alimento. I sintomi descritti dal paziente e gli alimenti a cui si sospetta possa risalire la sintomatologia indirizzano il medico sulla prescrizione di eventuali test per individuare l’allergene. In particolare gli elementi essenziali da rilevare nell’anamnesi sono:

 

  • la latenza tra l’ingestione dell’alimento sospetto e la comparsa dei sintomi;
  • il tipo di sintomi, infatti l’allergia alimentare si manifesta con una sintomatologia tipica delle reazioni allergiche IgE mediate (sindrome orale, orticaria, angioedema, eczema, rinite, asma, sintomi gastroenterici acuti),
  • l’alimento sospetto, questo sarà facilmente individuabile se i sintomi sono immediatamente successivi all’ingestione dell’alimento, se invece la latenza è grande l’alimento è meno facilmente individuabile;
  • la durata dei sintomi, infatti i sintomi di allergia alimentare si risolvono dopo poche ore;
  • la riproducibilità, il sospetto di allergia alimentare è avvalorato dalla riproducibilità dei sintomi ogni volta che l’alimento sospetto viene ingerito.
  1. Test diagnostici per le reazioni avverse agli alimenti

Cutireazione: Consiste nell’applicare una goccia di estratto allergenico sulla cute dell’avambraccio facendola penetrare negli strati superficiali della pelle tramite la punta di una minuscola lancetta sterile. Le reazioni si manifestano entro 15-20 minuti dall’esecuzione del test e sono caratterizzate dalla comparsa di un ponfo (simile ad una puntura di zanzara). Non si possono eseguire le cutireazioni se si sta effettuando terapia antiistaminica.

Dosaggio IgE totali: Il rilevamento di alti livelli di IgE totali, (dopo avere escluso infezioni da parassiti che anche esse ne provocano un aumento) è di indicazione per uno stato allergico, ma non può essere usato nella diagnosi di specifiche allergie e va anche sottolineato che un riscontro di valori normali non esclude la diagnosi di allergia.

Ricerca di IgE specifiche (RAST): Estratti di alimenti sospetti si lasciano reagire in provetta con il plasma del paziente. In presenza di allergia, gli anticorpi presenti, specifici per quell’alimento, reagiscono producendo una reazione misurabile precisamente con strumenti di laboratorio.

 

L’accuratezza diagnostica delle cutireazioni e del dosaggio delle IgE specifiche è assai variabile: i risultati vanno quindi sempre interpretati in armonia con i dati anamnestici e confermati con la provocazione ove necessario. Nonostante questi limiti i test diagnostici vanno sempre eseguiti.

Il problema più importante per la valutazione dei risultati dei test diagnostici è quello delle reazioni crociate. Si verifica frequentemente, specie per allergeni di origine vegetale, che i test siano positivi per un largo numero di alimenti comprendendo anche alimenti abitualmente tollerati. Ciò è dovuto al fatto che la presenza di IgE nei confronti di alimenti non sempre si accompagna alla presenza di sintomi, infatti il nostro organismo affianca alla presenza di anticorpi IgE verso determinati alimenti dei sistemi di protezione a noi non completamente noti. In definitiva sfugge il motivo per cui anticorpi IgE esprimono una reale sintomatologia mentre altri indicano solo una sensibilizzazione allergica ma priva di un significato clinico. In questo contesto i test vanno comunque eseguiti e ne va interpretato il risultato in chiave clinica. Se infatti i test sono assolutamente negativi si può escludere un’allergia alimentare IgE mediata; se positivi per un alimento chiaramente responsabile dei sintomi viene confermata un’allergia IgE mediata per quell’alimento; nel caso di positività per un alimento solo sospetto vi sarà l’indicazione a procedere con un test di scatenamento.

 

  1. Diete di eliminazione

Le diete diagnostiche di eliminazione possono essere utili nei pazienti con sintomi persistenti. Ad esempio si possono escludere gli alimenti fortemente sospettati e/o quelli risultati positivi nei test diagnostici. La dieta viene condotta per tre settimane e se non vi è alcun miglioramento deve essere abbandonata; se invece in questo periodo vi è un miglioramento consistente si potrà prolungare il periodo di dieta per altre 2-3 settimane per raggiungere un risultato evidente. Se non vi sarà alcun riscontro di un miglioramento le diete andranno abbandonate. Le diete inoltre sono indicate nel periodo preparatorio allo scatenamento alimentare. In questo caso per almeno due settimane precedenti lo scatenamento dovrà essere eliminato l’alimento che si intende provare nello scatenamento stesso.

Va assolutamente evitato l’uso delle cosiddette diete diagnostiche oligoallergeniche che si basano su pochissimi alimenti considerati scarsamente allergenici e che vengono applicate per un periodo di tre – cinque settimane. Queste diete non si basano su alcuna documentazione scientifica e producono generalmente un certo beneficio per evidente effetto placebo in tutti i soggetti, durante la successiva reintroduzione degli alimenti, uno alla volta l’effetto placebo si esaurisce e ricompaiono i sintomi senza un chiaro collegamento con un alimento. In definitiva si crea una situazione poco definita che non aiuta la corretta diagnosi.

  1. Test di provocazione orale controllato con placebo

L’unico sistema corretto per diagnosticare in maniera sicura una reazione avversa agli alimentiè il cosiddetto Test di provocazione orale in doppio cieco controllato con placebo. Tradotto in parole più comprensibili vuol dire che per essere sicuri di trovarsi di fronte ad un’allergia alimentare bisogna effettuare prove di scatenamento rigidamente controllate con l’alimento sospetto e un placebo come controllo. Né chi effettua i tests, ne’ il paziente devono essere a conoscenza di ciò che viene somministrato (alimento o placebo). Gli altri tests che si possono eseguire in vivo e in vitro (dosaggio IgE totali, dosaggio IgE specifiche ecc.) possono aiutare per capire il meccanismo di azione ma non hanno validità clinica.

Ad esso si ricorre dopo avere eseguito le tappe diagnostiche sopra indicate e nei casi in cui sia indispensabile raggiungere una diagnosi di certezza; ad esempio nel caso il sospetto sia per latte, uova o cereali dove è necessaria la certezza diagnostica prima di procedere alla assoluta esclusione di uno di questi alimenti dalla dieta. Nell’esecuzione del test l’alimento sospetto viene somministrato in forma secca o liofilizzata, in capsule opache oppure mascherata in una base inerte. Il placebo consiste in capsule di uguale aspetto contenenti destrosio oppure nella base inerte. La base inerte è costituita da alimenti liquidi o solidi sicuramente tollerati dal paziente e che consentano un adeguato mascheramento dell’alimento da somministrare. Questo test, richiede strutture sanitarie attrezzate e una grande collaborazione e fiducia del paziente.

 

Esami privi di fondamento scientifico usati per le reazioni avverse agli alimenti
DRIA E’ un test sviluppato in Italia e consiste nella somministrazione per via sub-linguale, sottocutanea o intradermica dell’estratto allergenico in grado di scatenare la sintomatologia. In seguito si esegue la stessa prova con una soluzione più debole o più forte che dovrebbe neutralizzare la reazione allergica e far recedere la sintomatologia. Questa tecnica non solo è priva di efficacia ma appare anche priva di fondamento scientifico
ELETTRO-AGOPUNTURA: L’applicazione di elettrodi sulla cute dovrebbe rilevare una caduta di corrente in presenza dell’allergene. Non ci sono prove che questa tecnica possa riuscire a fare diagnosi di allergia
CHINESIOLOGIA Il paziente tiene in una mano una boccetta contenente l’alimento e l’esaminatore valuta la forza muscolare dell’altra mano. Un decremento di forza rappresenta la positività del test. Non esiste, ovviamente, nemmeno una base teorica a supporto ed è privo di qualsiasi efficacia diagnostica.
BIORISONANZA Si basa sulla supposizione che l’organismo emetta onde elettromagnetiche “buone” o “cattive”. Anche qui non esiste una prova scientifica.

 

Gianluca Tognon

Gianluca Tognon

Gianluca Tognon è un biologo specializzato in scienza dell’alimentazione. Ha lavorato per diversi anni come ricercatore presso l’Università di Göteborg in Svezia ed è docente presso l'università di Skövde in Svezia. In Italia ha pubblicato cinque libri su diversi temi legati all’alimentazione e alla nutrizione ed è co-autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali.

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About Me

I’m an Italian nutrition coach, speaker, entrepreneur and associate professor at the University of Gothenburg. I started MY career as a biologist and spent 15 years working both in Italy and then in Sweden.

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