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13 Aprile 2021

Come riconoscere un buon olio extravergine di oliva

Come riconoscere un buon olio extravergine di oliva

da Gianluca Tognon / venerdì, 17 Agosto 2018 / Pubblicato il Dieta e salute
olive-oil

Non tutti gli oli extravergine di oliva sono uguali!

La necessità di salvaguardare la genuinità dell’olio di oliva, soprattutto per evitare commistioni con oli di diversa origine botanica, ha portato nel tempo all’individuazione di differenti categorie di oli di oliva con diverso valore commerciale. Negli anni lo sviluppo di nuove metodiche analitiche ha imposto un continuo aggiornamento della normativa che oggi comprende oltre all’analisi organolettica, un elevato numero di test chimico-fisici. Gli oli di oliva sono classificati in:

 

  • oli vergini, direttamente commestibili (da operazioni puramente meccaniche sull’oliva);
  • oli ottenuti per estrazione con solventi dalle sanse, oli di sansa;
  • oli resi commestibili per rettificazione.

 

La valutazione della qualità di un olio è effettuata capillarmente sui singoli lotti di prodotto e non globalmente sulla spremitura di tutta una stagione. Da ogni lotto viene prelevato un campione, sottoposto alle più severe prove di assaggio e agli esami chimico-fisici e soltanto in seguito si può decidere la sua classificazione sulla base dei regolamenti europei.

Il parametro acidità si rivela fondamentale per valutare la qualità di un olio: a causa di normali reazioni chimiche di idrolisi che possono avvenire sia a livello della drupa (per azione dell’acqua e dei fermenti presenti nella polpa) che nell’olio prodotto (per azione della luce e dell’ossigeno dell’aria), gli acidi grassi possono allontanarsi dal glicerolo al quale sono normalmente legati chimicamente e restare liberi nella materia grassa. L’aumento dell’acidità libera dell’olio è sempre accompagnato da una serie di modificazioni che portano alla formazione di elementi che determinano un peggioramento delle caratteristiche organolettiche dell’olio nativo.

La spremitura di olive sane, fresche, mature al punto giusto, permette di ottenere un olio di aroma e sapore molto gradevoli. Questo, per essere reso limpido e brillante non richiede in genere altre operazioni se non la decantazione e la filtrazione. La valutazione di un olio di questo genere si basa sui due parametri acidità libera (variabile da meno dell’1% fino al 3,3%) e punteggio di un test, che permette di effettuare una valutazione organolettica condotta da un gruppo di esperti assaggiatori. Da questa valutazione viene ricavata la corretta denominazione degli oli di oliva vergini. Sempre basandosi sul valore di acidità libera, si stabilisce se un olio di oliva vergine dovrà subire il processo della rettificazione (o raffinazione, che abbassa notevolmente l’acidità dell’olio per eliminazione di acidi grassi) e perdere quindi la denominazione di “vergine”. Un olio di oliva viene definito in questo modo quando non è stato sottoposto ad altro procedimento estrattivo che quello rigorosamente fisico-meccanico, senza impiego di solventi o di altre manipolazioni chimiche, e che non sia stato miscelato con oli di altra natura. Per meritare la denominazione di “extravergine” deve inoltre dimostrarsi del tutto privo di difetti all’assaggio e pienamente rispondente ai parametri chimico-fisici definiti dalle apposite normative internazionali.

Un olio di oliva non è un prodotto di prima spremitura ma un olio rettificato, ottenuto dalla miscelazione fra un olio di oliva vergine raffinato e oli di oliva vergini, diversi dall’olio lampante.

Un olio di oliva dopo la rettificazione si presenta all’assaggio come una materia grassa pressoché priva di difetti, ma per proporlo al consumo è necessario effettuare una calibrata miscela con olio extravergine o vergine che gli conferisca colore e sapore, da aggiungere in misura non inferiore del 5-8%. I migliori produttori però, preferiscono spingersi fino al 30%, utilizzando unicamente extravergini che rendano ancor più gradito al palato e nutrizionalmente perfetto il loro olio di oliva.

Gli oli di sansa si distinguono nettamente dai vari oli di oliva perché derivano da un processo produttivo molto diverso: i residui solidi delle bucce e dei noccioli ottenuti dalla spremitura delle olive costituiscono la sansa, la quale contiene quantità variabili d’olio residuo che, dopo molitura ed essiccamento, viene estratto tramite un solvente, generalmente l’esano, con la stessa tecnologia applicata per la produzione degli oli di semi. Il ciclo è completato con la distillazione del solvente e il recupero dell’olio.

Tra gli oli di oliva vergini vi è la categoria degli oli “vergini lampanti”, usati in passato per alimentare le lampade a olio. Questi contengono molti elementi naturali preziosi per l’alimentazione umana (acidi essenziali, vitamine, composti bioattivi) ma è necessario procedere alla loro rettificazione per poterli proporre al consumo, abbassandone i livelli di acidità libera ed eliminandone le componenti con aroma e colore sgradevoli.

Tutti gli oli di oliva non direttamente commestibili devono subire il processo di rettificazione mediante le operazioni di demucillaginazione (o degommaggio), deacidificazione, decolorazione, deodorazione e demargarinazione.

Anche gli oli estratti dalle sanse, poiché contengono molte sostanze estranee, per essere adattati al consumo devono essere rettificati. Il processo di rettificazione degli oli di oliva e di sansa, se da una parte allontana sostanze indesiderabili, dall’altra comporta la perdita di quei costituenti minori che caratterizzano dal punto di vista organolettico e nutrizionale l’olio di oliva.

Taggato in: olio extravergine di oliva
Gianluca Tognon

Su Gianluca Tognon

Gianluca Tognon è un biologo specializzato in scienza dell’alimentazione. Ha lavorato per diversi anni come ricercatore presso l’Università di Göteborg in Svezia ed è docente presso l'università di Skövde in Svezia. In Italia ha pubblicato cinque libri su diversi temi legati all’alimentazione e alla nutrizione ed è co-autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali.

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