di Gianluca Tognon
È ormai una moda fra i nutrizionisti promuovere una dieta priva di glutine, anche in assenza di una dimostrata intolleranza. Il glutine andrebbe escluso dalla dieta in presenza di celiachia, una malattia autoimmune diagnosticata attraverso un esame del sangue e una biopsia intestinale. Tuttavia, secondo molti specialisti, anche coloro i quali non sono affetti da questa malattia, possono avere una qualche forma di intolleranza o sensibilità, con sintomi che spaziano dal gonfiore addominale alle eruzioni cutanee. Il problema può diventare incredibilmente complicato dal momento che, secondo uno studio recente, anche prodotti non tradizionalmente legati alla celiachia, come la quinoa (che non contiene glutine perché non è un cereale) può, se si consumano alcune particolari sotto-specie, stimolare la stessa reazione immunitaria provocata dal glutine stesso[1].
Nella mia pratica come nutrizionista, ho spesso lavorato con pazienti che si sono sentiti meno gonfi subito dopo aver iniziato la dieta che avevo loro prescritto. Tuttavia, ho sempre considerato questa reazione da parte anche una sorta di effetto placebo, stimolato dal fatto che il nutrizionista di cui si fidavano aveva fornito loro le indicazioni per una dieta equilibrata. E credetemi, raramente ho raccomandato l’assoluta esclusione di prodotti contenenti glutine dalla dieta, mentre consiglio a tutti di aumentare la varietà nella scelta di tutti gli alimenti, cereali inclusi. Uno dei motivi per cui sto molto attento nel suggerire la totale esclusione dalla dieta di tutta la categoria degli alimenti senza glutine, è che le persone che hanno davvero un’intolleranza, ma decidono di seguire una dieta priva di glutine, potrebbero mascherare i segni che consentirebbe al medico di ottenere una diagnosi corretta, andando incontro a tutta una serie di problemi correlati, come la fragilità delle ossa.
Ritengo inoltre che l’esclusione dei cereali contenenti glutine dalla propria alimentazione, per molti significhi automaticamente consumare meno alimenti tipo fast food e cibi trasformati (che tendono a contenere glutine) e a sentirsi meglio. Inoltre, chi inizia una dieta di qualunque genere, consuma in genere più frutta e verdura e potrebbe pertanto essere portato ad attribuire i vantaggi derivanti dal consumo di questi alimenti (ridotta sensazione di gonfiore, maggiore funzionalità dell’intestino, perdita di peso) all’esclusione del glutine, ma non è così. Infatti, non è necessario escludere tutto il glutine, per rendere più sana il proprio stile alimentare.
A pensarci bene inoltre, poiché consumare meno cereali comporta l’automatica riduzione dell’assunzione di carboidrati, penso che la “dieta senza glutine” sia, per alcuni scaltri colleghi, solo una nuova strategia di marketing per pubblicizzare le diete “low-carb” con un altro nome, facendo finta che si tratti di qualcos’altro più à la page. Sì, perché oltretutto, nella lunga lista di accuse contro questo componente alimentare, ho trovato quella che una dieta ricca di prodotti contenenti glutine favorisce l’obesità. Altri nutrizionisti, vedono la questione da un punto di vista storico, e sostengono che come esseri umani primitivi raramente abbiamo mangiato molti cereali, mentre ora siamo fortemente dipendenti da un solo tipo (il grano) e i consumi sono più alti che mai. Questo è un argomento che viene spesso utilizzato anche a sostegno della cosiddetta “dieta del gruppo sanguigno” che, come tutti sanno, è priva di fondamento scientifico.
Scettico per natura, devo però ammettere che sono d’accordo con il fatto che ci siamo ormai abituati a mangiare sempre più spesso frumento e prodotti derivati, favorendo come conseguenza, la monocoltura di questo cereale in ambito agricolo. Spingere sempre di più sulla stessa coltura può infatti avere delle conseguenze ambientali negative, favorendo ad esempio l’impoverimento dei terreni agricoli. Tuttavia, sono comunque fortemente convinto che la soluzione non può essere l’esagerazione opposta, un’abitudine alla quale molti nutrizionisti pare non possano fare a meno: esagerare!
Quello che mi sento di fare invece, è consigliare una semplice riduzione del consumo di frumento a favore di altri cereali (diverse varietà di riso, avena, orzo, o prodotti simili ai cerali come la quinoa o il grano saraceno). Questo determina una maggiore varietà sia in campo che a tavola. Inoltre, consiglio sempre vivamente di scegliere prodotti integrali, che rappresentano una componente importante di quello che ormai rimane della dieta mediterranea tradizionale. E questo perché, in Italia, ben il 98% della popolazione consuma prodotti integrali meno di una volta a settimana!
In conclusione, come suggerisco nel mio report sulla sana alimentazione (disponibile sul mio sito web), è ovviamente sempre importante un miglioramento della qualità complessiva della dieta, scegliendo proteine, grassi e carboidrati da alimenti di qualità. Ciò significa, per esempio, proteine e grassi dalle verdure e dai legumi, piuttosto che dai prodotti di origine animale (come carne e latticini), oppure carboidrati da cereali integrali piuttosto che da prodotti raffinati. Il glutine è un semplice componente alimentare e la semplice esclusione di questo nutriente dalla dieta non può essere una bacchetta magica per risolvere una serie infinita di problemi di salute. Piuttosto, è molto più importante stare attenti nella scelta dei cibi e seguire un modello alimentare sano e, soprattutto, mantenere uno stile di vita sano.
[1] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22760575